giovedì 22 novembre 2007

Siamo colpevoli, a volte conniventi: parliamone qui, in questo Blog

"Proposta agli uomini della sinistra. Confrontiamoci, in tanti, a partire dai leader, sulla guerra civile in corso contro le donne.
Per prendercene la responsabilità come genere maschile. E cominciare a disarmare convivenze, conflitti,odi, amori."


Esiste una violenza di massa, una guerra civile consumata fuori dal campo visivo dei media, delle istituzioni. Una violenza di cui non possiamo conoscere la precisione delle sue dimensioni ma di cui non possiamo non conoscere le vittime perché esse abitano con noi, ci rispondono al telefono di un qualsiasi call-center, curano le nostre nonne, sono le nostre nonne e madri. Il 24 novembre il movimento delle donne scenderà in piazza a Roma per sovvertire la coazione a ripetere della quotidianità della violenza contro il proprio genere. Contemporaneamente qualche giorno prima il governo ha impacchettato la tolleranza zero facendo di ogni crimine lo stesso degl’altri. Viene violentata una donna e si parla di migrazioni ed espulsioni. Seviziate bambine nelle aule scolastiche e si discute di bullismo. Processati padre e fratelli della ragazza uccisa a Brescia e l’argomento è solo l’islam. Mai che si abbia il coraggio di dire che tutti sono: uomini e che noi siamo uomini e che tra noi e loro c’è un tratto distintivo comune. Eppure ci sembra che la violenza contro le donne venga scritta, raccontata, fotografata, citata negli interventi pubblici come un terribile eccidio incorporeo. In cui del colpevole non si parla mai. È come stare nel paese di Orano di Camus in cui la peste può cogliere all’improvviso ma non sai chi la cagionata. Forse, la manifestazione di fine novembre, è l’occasione, per assumersi collettivamente la responsabilità della guerra contro le donne come genere maschile tutto. Siamo colpevoli, a volte, conniventi. Qualcuno potrebbe tirarsi fuori, dirci che le colpe di qualcuno non possono essere generalizzate. Vero, ma fermiamoci un attimo a pensare. Come è possibile un fenomeno così di massa di una violenza ad un’unica direzione degli uomini contro donne? Come è possibile un’epidemia di raptus che attesta la violenza di genere nelle prime cause di morte in Europa? La politica fino ad ora ha saputo dare unicamente “soluzioni biografiche a contraddizioni sistemiche” con l’effetto che viene colpito uno e giustificati, diseducati tutti gli altri. Ora noi che stiamo a sinistra dovremmo avere la capacità di avere altre risposte, diverse. Chi si dichiara alternativo a questo mondo, di sinistra, semplicemente “compagno” ha il dovere non soltanto di produrre strumenti legislativi adeguati ma di mettere in campo fin da ora una cultura alternativa dei rapporti fra i generi ed informare di sé vite pubbliche e vite private. Ma qui dobbiamo avere il coraggio di dirci che se è vero che i nostri discorsi tengono conto di questo obiettivo non ne abbiamo mai discusso approfonditamente, sistematicamente. Corriamo il rischio anche noi di affrontare il nesso patriarcato-violenza individualmente. Però il tempo stringe, la guerra continua. La sinistra degli uomini è terribilmente indietro. Per questa ragione facciamo la proposta dell’apertura di un’agorà di discussione virtuale in cui invitiamo nella giornata del 24 novembre ad intervenire tutti gli uomini della sinistra per incominciare a disarmare convivenze, conflitti, amori, odi.

I commenti qui sono liberi chiunque può intervenire,dunque fatevi sotto!

Daniele Licheri & Luca Stanzione (Tratto da "Liberazione" 22/11/07)

mercoledì 21 novembre 2007

Sinistra: Plurale e di Genere

La percezione di essere parte del genere maschile non è un passaggio scontato, talvolta la si raggiunge attraverso un fatto traumatico, allora sei costretto a chiederti come sia possibile essere uomini esattamente come quei padri, fratelli, fidanzati, amici che fanno della violenza contro le donne il loro saluto di tutti i giorni. Amare una donna e sentirsi raccontare che con la stessa giustificazione le veniva usata violenza può essere la leva iniziale per porsi domande sulla propria sessualità, sul proprio genere, sulle modalità con le quali si entra in contatto con i corpi delle altre e degli altri. Assai più complicato è sentirsi parte di quel genere "causa di disagio" per le proprie simili di cui ha scritto Lea Melandri su questo giornale. Ulteriore difficoltà pensare di collocarsi tra coloro che in termini classici definiamo "sfruttati", "subalterni", "oppressi" e invece essere al contempo il genere agente dell´oppressione. Definirsi "compagni" e rendersi conto che può non bastare.Oggi, 30 settembre, alle ore 11 a Roma, presso la Direzione nazionale del Prc, i Giovani comunisti di genere maschile daranno il via a un percorso di discussione finora mai sperimentato, nato (tra ambiguità e risa) durante il campeggio nazionale a Sapri: "Dalla De-Generazione alla Ri-Gener-Azione maschile". L´inizio di un cammino che ci faccia uscire dal paradosso per cui la violenza contro le donne, che appare sui media solo con la sua faccia marginale, quella pubblica dello stupro, che troppe volte ha visto vittime bambine o neo-adolescenti, è un fatto che riguarda solamente il genere femminile. Il paradosso è che, mentre la seconda causa di morte in Europa per le donne è la violenza domestica, e un genere accusa l´altro di un fenomeno strutturale di dimensioni eclatanti, la politica e il genere maschile percepiscono i fenomeni di violazione come fatti che riguardano la devianza di singoli e il tutto sembra essere confinato al capitolo della delinquenza sommaria al pari dello scippo, o dell´omicidio come regolamento di conti. La sola esistenza di un movimento, quindi di una reazione conflittuale collettiva, è il segno che non si tratta della devianza di alcuni.

L´appuntamento di oggi servirà a iniziare un bilancio dell´esperienza del doppio portavoce (un uomo e una donna) che la nostra organizzazione ha scelto durante la scorsa conferenza nazionale, ma anche e soprattutto nasce dalla necessità di porre un tema in un momento di riorganizzazione della politica a sinistra. Il tema è questo: mentre lottiamo per una società alternativa, pensare al superamento del neoliberismo, considerare equamente importanti e intrinsecamente legati diritti civili e diritti sociali non basta, se non ci poniamo l´obiettivo del sovvertimento del timbro dei rapporti tra i generi. L´obiettivo dell´abbattimento del totalitarismo patriarcale, che non ha distinzione di classe. Siamo convinti che questo sia un dibattito che da subito deve inondare la sinistra. Il venti ottobre saremo in piazza sapendo che tra quei passi la sinistra incomincia a muoversi.La profondità delle diverse piattaforme che si stanno esprimendo attorno a questa data ci dicono che il venti ottobre assume il carattere di un giro di boa per la sinistra di questo paese. Editoriali di giornali distanti dai promotori incensano la data come il battesimo di una nuova sinistra unita e plurale. Ci saremo, contro una precarietà che cancella le relazioni tra i corpi, che torna ad alimentare la dipendenza delle nuove generazioni dalla famiglia di partenza, tanto che questa assume sempre di più, i caratteri di un vero e proprio ammortizzatore sociale. Una precarietà che alimenta la creazione di un welfare familistico e ripropone la famiglia - quella declinata al singolare, nucleare, eterosessuale, incollata dal matrimonio - come unica certezza nella repentinità dei cambiamenti della vita di ciascuno e quindi unico soggetto al quale lo stato destina fondi e legittimazione. Ma se questa data e gli attimi dopo saranno dedicati a cos´è la sinistra, vogliamo dire come la pensiamo. Noi, un soggetto, non il solo, della trasformazione di questa società verso un´altra , che per essere alternativa davvero è allo stesso modo contro la pervasività dell´impresa come ideologia deformante dei rapporti umani, e la preminenza di un genere sugl´altri. Sconfitta l´una non è automaticamente sconfitta l´altra. Da subito la mobilitazione deve tenere assieme queste due grandi questioni sapendo che le modalità di lotta sono profondamente diverse ma una non può essere più importante e visibile dell´altra. Questo conflitto, per la sua portata, per la sua difficoltà di costruzione, perché è altrettanto radicale quanto quello di classe, perché attacca le radici della società che vorremmo trasformare, non pensiamo possa essere confinato all´artifizio intellettualistico di alcuni, alle citazioni nei momenti congressuali, al "convegnismo". Lanceremo un appello a tutta la sinistra perché nel momento della sua riorganizzazione noi ci si possa porre il problema che le modalità con le quali staremo assieme non possono essere neutre. Scegliamo una sinistra capace di essere alternativa all´imputridimento culturale che porta a vivere la cronaca nera della violenza contro le donne facendo il tifo per un incriminato contro un altro senza leggere quanto di noi c´è sulla scena di quel delitto.

Daniele Licheri & Luca Stanzione - (Pubblicato su "Liberazione" del 5/11/2007 )