Devo dire che quando ho letto l’articolo di Luca ho avuto due impressioni: la prima la conferma che aprire un Blog insieme a lui per interrogarci sia fondamentale per ridurre i tempi cartacei di risposta e andare alla velocità di un sms.
E la seconda che quando si fanno riflessioni a voce alta si ha voglia di dialogare; come un grande “brain storming” in realtà invitiamo tutta la comunità virtuale (che tanto virtuale in realtà non è) ad un percorso di condivisione di spazio pubblico cosa che su un giornale non puoi fare.
Dico questo perché oggi più che mai l’idea di attraversare le mille comunità in rete “provando a raccontarsi per non dimenticarsi (come dice benissimo luca nel suo pezzo)” di una generazione che per la prima volta nasce con una precarietà esistenziale come condizione di partenza e che quindi non si identifica più con il proprio lavoro o con la propria comunità come tutto il novecento ci narra ma che scioglie la propria essenza, le proprie passioni dentro i mille cunicoli che ci offre il Web ci dice qualcosa di nuovo.
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La ricerca di identità che non è più costruzione, ricerca, ma un continuo consumarsi frettolosamente. Luca dice si vive alla giornata io aggiungo si vive sospesi in attesa di qualcosa che ci scuota, un strappo momentaneo, una rottura, una scossa.
Come un fast food delle relazioni in cui gesti, azioni, movimenti vengono svuotati di un senso collettivo e mutano dunque da desideri da inseguire a trasgressioni da consumare.
Una disintegrazione delle emozioni e dei desideri che trasformano i corpi in oggetti e le relazioni e gli affetti come una perdita di tempo perchè fuori da una logica produttiva del “e tu cosa mi dai in cambio?” .
Senza un particolare sguardo sul mondo, senza un valore delle differenze ma con una ricerca della morbosità e della condivisione che diventa animalesco (vedi il fenomeno del bullismo o le ronde notturne alla caccia di Migranti) e tutta dentro la logica dell’amico-nemico l’incontro tra generazioni non è più punti di vista che si confrontano, si contaminano e magari si trasformano ma diventa totalmente altro.
Perché non capita spesso che i nostri stessi compagni non facciano un percorso politico di liberazione e di affermazione del sé ma piuttosto una sorta di terapia? Come dire sto male, mi sento insoddisfatto dunque frequento il mio collettivo/circolo per stare meno male. Diventare un vomitatoio pubblico tipo circolo degli alcolisti anonimi e invece appunto frequentissimo anche nel nostro partito. Ed è tipico un doppio scontro quello generazionale e fra generi. Oggi si rischia una normalizzazione della politica rispetto allo scossone degli anni scorsi, un ritorno ai professionisti e ai militonti (che non esistono più o quasi) e dunque a chi si può permettere di fare politica. Soprattutto una totale scissione e dunque un vero scontro con una politica asessuata che espelle donne e movimento GLBT e giovani generazioni (intesi come portatori di pratiche diverse) dalla politica ufficiale.
Spesso assumono le vesti di nevrosi e solitudini che provano a schiacciarsi a vicenda. Dolori e alienazioni che producono distruzione e autodistruzione come segnale di esistenza. Ovvero esisto e dunque ti elimino come affermazione della propria identità.
Il movimento anti-globalizzazione teneva tutti dentro, soprattutto quella sinistra larga e diffusa che non ha più delle identità precostituite forti come nel novecento ma scegli di attraversare degli spazi. L’attivismo e non la militanza contraddistingue gli ultimi anni in italia.
Vuol dire avere tante tessere in tasca o nessuna ma soprattutto come tratto in comune avere una pluralità di luoghi da frequentare diversi ma degli obiettivi comuni. Per i più tradizionalisti sarà brutto il paragone ma vivere le mille possibilità sul web (oggi spesso un corteo studentesco se funziona lo vedi su MSN ovvero se tutti i ragazzi e le ragazze nei giorni precedenti ne parlano fra di loro in chat vuol dire che la cosa sta funzionando) significa esplorare dei luoghi più o meno di socialità dove conoscersi e conoscere. Il boom dei blog ci dice in sintesi (per tornare a quello che dice Luca) che li puoi raccontarti al mondo per dichiarare la tua esistenza, come una volta i ragazzi si incontravano al “muretto” del proprio quartiere oggi la “punta per beccarsi” ci se la dà on-line.
E come distinguere più fra il pubblico e il privato?Bella domanda. E sopratutto il corpo in tutto questo che fine fa?
Come dice Luca se non si modificano gli spazi i tempi e i modi delle attuali forme organizzative della politica l’unica cosa che potremo fare e ricomporre (forse) le generazioni politiche che ci hanno precedute espellendo di fatto tutto quello che oggi si muove intorno a noi e che dovrebbe essere invece il punto di partenza per la costruzione di una nuova sinistra.
Daniele Licheri
mercoledì 19 dicembre 2007
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