Si è aperto un conflitto tra generazioni agito, forse per la prima volta, dalla generazione precedente su quella successiva. Questa settimana passa dalle lettere rivolte al IlVenerdì: un padre accusa una figlia, non sua, di “aver avuto troppo”. Qualche settimana fa Panorama usava l’intera copertina per accusare la “Generazione degenerata”, quella dei ventenni, descritti come alcolizzati, dediti a rapporti sessuali frugali e di gruppo, drogati, psicolabili, writers (usato come sinonimo di Pericolosi Devastatori) e se qualcuno vuole aggiungere: prego. All’elenco aggiungerei i vari Porta a Porta sul “caso Garlasco” di turno, in cui i protagonisti siedono rigorosamente nel pubblico. Si rivolge loro qualche domanda, mai che possano esprimere pensieri articolati. L’amnesia del conduttore rispetto alle vicende del figlio non è fatto secondario. Così per una generazione intera si può usare l’aggettivo di: degenerata, e al contempo dire, “chiaramente eccetto mio figlio e i miei nipoti”. Il meccanismo, mi si passi la similitudine forzata, è quella usata per i migranti “tutti delinquenti! tranne il mio portinaio”. Per fugare ambiguità dico da subito che non parlo dell’alveo della politica in cui lo scontro tra generazioni ha il suo portavoce in Enrico Letta. Di certo non manca anche tra chi fa politica, soprattutto a sinistra, ma è riflesso di un vuoto di comunicazione tra generazioni che attraversa la società come delle febbri sottocutanee.
Sicuro è che la mia generazione, al pari della società, è una generazione sciolta, frantumata o come ha detto Niki Vendola con una “frattura multipla”. Vive di una comunicazione veloce sullo schermo di un cellulare o tra i battiti di una chat. Viviamo l’incorporeità delle relazioni vissute per buona parte attraverso i mezzi di comunicazione. Perdiamo la percezione delle conseguenze del nostro corpo in contatto con quello degl’altri ed intanto filmiamo tutto con la webcam. Forse è la necessità di poterci riconoscere, ritrovarci. Fermare, filmare, immortalare pezzi di noi stessi nel tempo. Questo vale non soltanto per le efferatezze di cui i giornali parlano ma anche per le migliaia di filmati, che sono la stragrande maggioranza, rintracciabili su YouTube. Abbiamo bisogno di raccontarci per non perderci, per questa ragione viviamo flussi di coscienza sui blog. È la generazione in bilico permanente segnata da una Precarietà che diventa il “vivere alla giornata”. In cui si perde la percezione della continuazione del tempo. Precarietà intesa non soltanto come quella del lavoro ma che diventa sinonimo di frettolosità, tempestività. Abbiamo identità precarie in continua definizione. Siamo la generazione in cui l’identità di ognuno perde punti di riferimento dati una volta per tutte. È una ricerca dell’identità che non ha mai fine.
Noi che oggi stiamo in quella sinistra che ambisce alla ricostruzione di una e complessa identità collettiva. In quella sinistra che oggi si unisce dovremmo avere l’ambizione di ricostruire le sinapsi nella frantumazione della società altrimenti l’unità è confinata solo tra chi fa politica nei partiti, ad oggi, solo una minoranza. Ho vissuto sia gli “Stati Generali” di Milano sia l’Assemblea della sinistra sentendomi testimone, insieme a pochi altri, di una generazione politica che qualche tempo fa animava il movimento pacifista e contro la globalizzazione e che oggi sta sui territori a riappropriarsi di pezzi della propria esistenza. Credo, che dovremmo tornare ad agire noi, da sinistra, il conflitto generazionale. Pena: lasciarlo alla destra. Basta dare un’occhiata ai siti web dei movimenti studenteschi neofascisti in cui lo scontro con la generazione precedente viene piegato a scontro con la generazione del Sessantotto-Settantasette, ovvero: nuova generazione contro generazione dei “professori comunisti”. Penso al conflitto generazionale inteso come: riconoscimento di una differenza portatrice di uno sguardo sul mondo, una lettura delle cose che accadono differente solamente perché è quella di chi oggi vive nel presente la sua storia. Conflitto generazionale come “agire la differenza”, insieme ad altre differenze, per scongiurare la Sinistra come soggetto neutro senza sessualità e senza età.
Luca Stanzione
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3 commenti:
Viviamo in un mondo dove il marketing ha dato un'anima a tutti gli oggetti; prodotto finale della frammentazione delle nostre identità.
Il commercio per sopravvivere ci ha espropriato della nostra identità, prendendola a prestito, un prestito a fondo perso.
Come se non bastasse questo furto identitario, che ha dato un'anima agli oggetti, paradossalmente ha svuotato il materiale di senso.
Il materiale è solo materiale!per fare un esempio stupido: un gioco ricevuto in dono a natale non significa gioia, bellezza e tutte quelle bontà che nascono dal relazionarsi, al massimo può significare "felicità a buon prezzo".
Eppure questi prodotti hanno un'anima, come ho detto poco prima.. quest'anima in parte è nostra!!..
Noi ragazzi, come purtroppo anche qualche adulto, abbiamo perso il senso del vivere e finche non lo ritroveremo non ci potrà mai essere un confronto generazionale tra due posizioni concrete, altrimenti, in possibile confronto, l'alternativa che avremmo da proporre non sarebbe certo la più appetibile.
Cesare
Mi sento sempre a disagio a parlare di me, quindi anche a parlare della mia generazione, perchè ho sempre pensato che chi è dentro le cose è il peggior consigliere/arbitro.
Questo scontro tra la generazione precedente su quella successiva, non la vedo come un'innovazione, sempre c'è stato conflitto tra le generazioni, Pasolini di alcuni sessantottini diceva che erano dei borghesi che facevano finta di fare i compagni/e. Io penso piuttosto che le degenerazioni della mia generazione (droghe, violenza indiscriminata, individualismo imperante, ecc...) sono state create e plasmate dalla società tutta, non esistono erbe cattive, ma solo cattivi agricoltori.
Poi la generazione del ’68 ha lasciato cadere nel vuoto le proprio ambizioni, sessantottino era Liguori! Quindi con un movimento che è stato forte che si sente perdente (il sessantotto) questa generazione torna ad essere l'apatica generazione X, la generazione dell'individualismo, del consumismo, dei valori materiali.
Luca dice che noi siamo la generazione della chat, delle relazioni fugaci, del vivere alla giornata, però non dice ciò che per me è importantissimo, che una generazione non può per genetica essere così, se lo è vuol dire che è indotta, vuol dire che è stata bombardata da modelli fatti in questo senso, fin da piccoli alle bambine vengono date in mano le Bratz e questo diventa il modello per questa generazione di bambine.
Msn, chat e blog, possono e sono momenti e luoghi dove può esserci una comunicazione o uno scambio di idee, ma questo lo vedo come limitante per l'essere umano in quanto tale, io mi sento portatore di una cultura diversa, una cultura che parla, assapora, immagina, tocca e non vede e basta, mi piacerebbe riportare al centro delle discussioni questo, i mezzi che utilizziamo sono funzionali al fine? Cioè bene aver aperto un forum di discussione, ma è questo il modo in cui crediamo che le idee possano circolare? Quale alternativa anche in questi modi vogliamo portare?
Vorrei tanto che questi discorsi li facessimo in un'happening dove ognuno/a può esprimersi liberamente, dove non ci sono vincoli alcuno.
Vorrei costruire un'alternativa di società a partire da noi stessi, vorrei utilizzare strumenti diversi da quelli che modellano l'uomo e la donna, il bambino e la bambina a diventare asettici a tutto, individualisti e meri consumatori di ricchezza.
Michele
Penso che quanto scritto rispecchi perfettamente la condizione attuale giovanile. Bisogna cercare un dialogo con l'altra generazione e tra i giovani stessi, in modo da risolvere la situazione.
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